Quella Lucciola di Città del Messico
volava piano ma brillava certamente forte. Un puntino che pulsava con lo stesso
ritmo di un cuore che batte. Riusciva da sola ad illuminare quell’angolo di
foresta. Ma la paura del buio, la mia paura del buio, era troppo più forte, non
potevo restare. Avrei potuto catturarla in una bottiglia piena di fori per la
respirazione e farla diventare il mio lume per le letture notturne, non lo feci.
All’epoca non leggevo. Pensai che forse in quell’angolo di foresta quella
Lucciola aveva una mamma che l’amava tanto, una mamma che le preparava i dolci
alla ricotta con la cioccolata e che durante il week-end le stirava le cinque
camicie che avrebbe indossato durante la settimana e pensai anche che forse il
giovane comune di Pescia non sarebbe stato pronto ad accogliere nella sua
comunita’ una clandestina arrivata dal lontano Messico. Tra le luci finte della
città era già troppo tardi per i dubbi, per domandarsi se anche lei come me in
realtà avesse solo paura del buio e se in quella foresta non ci fosse stato
nessuno ad aspettarla a casa la sera, qualcuno che le comprasse il cocomero baby
all’ Esselunga per festeggiare la promozione datagli dal capo Roberto e che le
portasse il caffè a letto al mattino. Quella notte non c’era tempo per pensare
ed anche del dubbio non può che restare la scelta.
martedì, 14 giugno 2011
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