In
media il preavviso è di circa tre ore e quando non trovano nessuno in casa
lasciano un biglietto sulla porta, c’è chi corre il rischio di tornare e di non
trovare più il palazzo.
Erano le tre di pomeriggio dell’otto marzo quando il
Signor Peppino Ippoliti bussò alla porta di casa mia.
Mia mamma era
all’oratorio a bere le tisane con le sue migliori amiche.
Disse: “entro le
sei dovete lasciare la casa poi inizieremo con la dinamite”.
Io gli chiesi
perchè, quella era la mia casa, il mio palazzo, la mia cameretta.
Pensavo a
tutti i poster attaccati alle pareti, non sarei mai riuscita a toglierli in tre
ore. Continuavo a chiedergli una motivazione e lui non rispondeva, disse solo
“senti gnoma ho mal di pancia e se non vuoi espoldere con i tuoi poster entro le
sei esci da questa casa, altrimenti resta nella tua cameretta ed esplodi con
essa” poi andò via.
Mia mamma arrivò poco dopo, le dissi quanto mi era stato
riferito e le consegnai la lettera che Peppino mi aveva lasciato. Non l’ho mai
letta ma lei sembrava sollevata.
Era tranquilla, ai miei poster non ci
pensava.
Poi mi disse prendi l’indispensabile alle cinque e quindici dobbiamo
uscire.
Ci vollero due ore per staccare Babar dalla parete, l’avevo attaccato
con tanta cura perchè volevo che rimanesse lì per sempre. Poi presi il diario, i
quaderni, i libri, la felpa del napoli, due paia di pantaloni, tre paia di
calzini e due paia di mutandine. Il reggiseno all’epoca ancora non lo
portavo.
Abbiamo assistito all’esplosione, il palazzo ripiegò su se stesso,
sembrava una scatola di cartone accartocciata. Un boato, poi il silenzio,
continuavo a non capire.
Dopo un anno tornò a farci visita Peppino che nel
frattempo aveva cambiato lavoro, la sua mansione era diventata quella di dire
alla gente che la loro nuova casa era pronta e che potevano lasciare il
container.
Mia madre anche quel giorno non c’era e l’approccio di Peppino era
lo stesso.
Nella nuova casa i pavimenti non vibrano più al passaggio delle
centoventisette, non ci sono più i vetri a soffietto, non c’è più niente di
quello che c’era prima ma c’è una colonna fecale funzionante.
Il lavoro di
Peppino non era facile ma secondo me non lo sapeva nemmeno fare.
Io all’epoca
ero solo una bambina, lui vecchio del mestiere poteva aiutarmi a
capire.
Poteva dirmi la tua casa sta per crollare e se non la facciamo
saltare in aria noi crolla comunque e tu potresti rischiare di rimanerci sotto,
il Comune ti vuole bene e non vuole farti del male.
Io avrei pianto lo stesso
tutti i mie vecchi poster ma almeno non avrei passato un anno a cercare di
capire cosa c’era che non andasse nella mia vecchia casa.
Ma lui niente disse
tre frasi in fila.
Disse che noi dovevamo andare via, che lui aveva il mal di
pancia e che io ero una gnoma.
C’ho messo un pò a farmene una ragione ed
inizio a stare bene nella mia nuova cameretta anche se non riesco a ricordare
più i ricordi quasi come se fossero rimasti sotto le macerie.
L’esplosione si
quella la ricordo bene, forse è per questo che spero di non incontrare più
Peppino al circolo del paese, la sua presenza ancora un pò mi urta.
martedì, 19 aprile 2011