domenica 29 gennaio 2012

Il poggiapiedi


Scrivo fisicamente a terra. Fisicamente a terra vuol dire che sono seduta sul pavimento freddo e non che io soffra di una qualche malattia del corpo. Non sono brava a spiegarmi con i discorsi, parlo davvero poco bene. E’ un pò come se i concetti nel tragitto dal cervello alla bocca si disperdessero per poi prendere voce confusi in un ordine che non necessariamente è quello di partenza, perdendo così efficacia e chiarezza, ma non a caso non mi chiamo Concetta. Ricordo bene quando circa un anno fa, quando frequentavo la prima elementare, cercai di spiegare ai miei familiari che il mio studiare a terra non era un atteggiamento anticonformista ma seplicemente il risultato del fatto che avendo le gambe corte avvertivo una certa stanchezza nel tenerle a penzoloni sulla sedia e dissi loro che quella scrivania stile antico alta quanto il quinto piano di una libreria di ergonomico aveva al massimo i pomelli dei cassetti. Fui così chiara che decisero di portarmi dal dottore perchè erano preoccupati per il mio crescere così lentamente e il risultato fu che la mattina appena sveglia prima di mangiare un bel cucchiaino di pappa reale c’era quella gustosa dose di olio di fegato di merluzzo. Ancora mi domando quanto sarebbe stato più semplice fare un falò con quei legni, comprare una nuova scrivania almeno del novecento e proprio esagerando un poggiapiedi. Forse anch’io avrei potuto dire la verità, ossia che quel pavimento aveva i poteri. D’ estate infatti era il posto più fresco della casa e d’inverno invece c’erano quelle da me definite le mattonelle preferite che si riscaldavano da sole. Ma in realtà loro non mi avrebbero creduta ed avrebbero certamente gridato al guasto chiamando l’idraulico per far riparare le tubazioni che passavano sotto la pavimentazione della mia cameretta, quindi tutto sommato credo sia stato meglio così. Sto finendo di scrivere, sono fisicamente sulla sedia, le gambe toccano a terra e per fortuna alla nascita per qualche strano motivo mi dotarono di una discreta dose di intelligenza da capire che se gli altri vedono in noi un problema non è detto che necessariamente esista o che per noi lo sia. Stasera però avevo bisogno di ricordarmi che a meno che tu da grande non voglia fare il salto in lungo o la corsa agli ostacoli non servono centocinquanta centimetri di gambe. 

lunedì, 24 ottobre 2011

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